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Leadership tra Ying e Yang
Data: venerdì 26 marzo 15:55
Argomento: Cultura d'Impresa
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Uno studente corre con il motorino lungo un viale ma una macchina gli taglia la strada. L'urto è tremendo, il ragazzo viene sbalzato a terra, è gravissimo. Portato all'ospedale, arriva sul tavolo del neurochirurgo che lo guarda inorridito e dice: «Non lo posso operare perché è mio figlio». Eppure non è il padre. Chi è? «La madre», direte voi, che siete politicamente corretti o almeno intuitivi. Ma sappiate che quasi nessuno dà questa risposta. La gente si sbizzarrisce con le congetture più fantasiose: «È un primario, amante della madre, che sa di essere il padre segreto». Mai nessuno che si arrenda all'evidenza( l'ovvietà, e cioè a quanto sia ormai normale la presenza di donne impegnate in attività prestigiose, come appunto quella di neurochirurgo. Allora diciamolo meglio: dell'eccellenza femminile c'è una consapevolezza astratta, ma non una interiorizzazione reale. Perché la leadership rimane un dominio maschile, nel senso di proprio dei maschi, anche se sono ormai numerose - quasi antologiche - le storie esemplari di donne leader riportate da giornali e newsmagazine.
La domanda non è quindi retorica: ma esiste davvero, e gode di tratti distintivi propri leadership femminile? Attenzione a non prendere subito per un generoso quanto sbrigativo sì: molte hanno delle riserve in proposito, e noi siamo tra queste. Prima di affrontare la dimensione teorica del problema, o almeno alcune piccole verità provvisorie, vogliamo partire da alcuni dati di realtà, per esempio di realtà imprenditoriali.
Le pari opportunità in azienda. Alcune settimane fa un convegno ha cercato di fare il punto sulla leadership a partire da una premessa molto concreta: le azioni positive che il comitato pari opportunità Canon Italia (445 dipendenti di cui 115 donne) ha implementato al proprio interno, con la consulenza di Akron.
«All'interno di Canon abbiamo elaborato il concetto di leadership diffusa», spiega Maria Guazzoni, responsabile dello sviluppo di risorse umane, «quindi più che alla tensione al comando e al potere associamo questa parola alle competenze, a essere bravi nella propria attività. Per noi, è importante diffondere l'idea che ciascuno può avere una propria quota di leadership, ottimizzando le risorse e canalizzandole per obiettivi. Abbiamo poche competenze chiave per pochi dipendenti? Bene, per noi questa è già una leadership. Da cui, se andiamo a leggere i contenuti, emerge il riconoscimento e magari anche la possibilità di supportare gli altri nell'acquisizione di competenze. E poiché le donne vivono una indiscutibile lacerazione tra vita privata-famigliare e lavoro, abbiamo voluto dare loro un supporto in più rispetto agli uomini».
Che cosa è stato dunque approntato per le dipendenti Canon? Ne riferisce Elena Tosca, partner di Akron. «L'azienda voleva introdurre alle azioni già in corso una sezione formativa, in particolare basandosi sul concetto di padronanza personale. Così è nato il progetto: sviluppare l’ orientamento alla leadership personale e professionale; aiutare le persone ad avere degli obiettivi coerenti (tra l'altro, bilanciamento e coerenza sono più marcati nelle donne); rafforzare il livello di fiducia nelle proprie capacità. Il progetto si è distribuito in un percorso di tre giornate, con un gruppo pilota (ruoli misti),, scelto tra le dipendenti più ricettive. Primo step: con questionario abbiamo definito cosa è il leader. Ne sono emerse frasi memorabili: "un vero leader è un sovversivo leale", "in grado di pensare l'impensabile", "la leadership non è genetica e può essere appresa". Secondo step: una riflessione su come si conosce se stesse, individuando l'interrelazione tra singola persona e il suo contesto, perché ci sono ruoli in cui la competenza specifica è fondamentale, altri in cui è irresistibile il bisogno di autonomia e indipendenza, altri ancora che predispongono alla ricerca di sicurezza e di stabilità del posto di lavoro. Terzo step: lo sviluppo di una visione propria come se ciascuna avesse dovuto rispondere alla domanda «nella tua vita cosa diventerà fondamentale?».
La testimonianza di due vere leader. Ma se attraverso una sperimentazione specifica cogliamo i passaggi che costruiscono l'ossatura concettuale di leadership nascente, rimane da capire se questa matrice viene confermata o disattesa dalla leader riconosciuta che riflette su se stessa. «Lavoro con circa 150 persone. Poi, come business unit, sono in contatto con altre 5.500», spiega Graziella Gavezotti di Accor Service (gruppo internazionale di attività alberghiere e servizi per le aziende, fra cui Ticket restaurant, in Italia conosciuto anche come Gemeaz Cusin), «essere leader per me significa aver conquistato non solo autorità ma anche autorevolezza: per condurre sia con la delega fornita dall'azienda, sia con la condivisione delle direttive che impartisco al personale. Altrimenti c'è solo l'autoritarismo. Una via femminile alla leadership? Mah. Io trovo che la strada sia molto personalizzata, e peraltro permeabile alle culture e alle necessità di fase. La leadership è sempre una somma di qualità: deve esserci intelligenza, personalità, carisma, ma anche grande equilibrio. In questo momento, poi, così turbolento, non esercitare una leadership equilibrata è destabilizzante: un "traghettatore" che esprima un senso di continuità e di coerenza risulta più gradito. Quindi, il leader cambia, può e deve cambiare al variare delle condizioni generali. Ci sono alcune piccole leggende da sfatare, ad esempio che tenda necessariamente a cannibalizzare le piccole leadership che gli sorgono accanto. Io, se vedo delinearsi attorno a me un "leader naturale", gli cedo subito una parte delle mia scrivania, soprattutto se questa persona emerge sulla base di concretezze , non di velleità. No, non sono i competitor ciò che un vero leader deve temere. Deve temere invece l'inciampo in cattive decisioni effettuate per una presentazione parziale. Deve temere le false scelte, cioè quelle sbagliate. L'unica osservazione specifica che mi sentirei di fare sulla leadership femminile è che è sempre multitask: noi non possiamo fare solo le manager, dobbiamo sempre coniugare altri elementi della nostra vita».
Isabella Ghislandi, direttore generale Chantelle Italia, è ancora più esplicita nel sottolineare quanto conta la soggettività, e persino il timbro del desiderio, nella propensione al ruolo di guida. “Che fossi una leader l'ho scoperto al liceo. Sono stata delegata di classe nel '68, poi delegata sindacale in Boston. Quanto basta per capire che avevo le potenzialità e che mi piaceva anche. Il punto è questo: la leadership è la capacità di farsi riconoscere come un capo che ha doti superiori, e perciò diventa punto di riferimento nella gestione delle cose. Chantelle è una piccola azienda di sole donne, in cui cerchiamo di valorizzare l'inclinazione naturale alla leadership attraverso dei piani di carriera (anche per aumentare la retention, che non se ne vadano). Non c’è una tipizzazione unica della lavoratrice, né tantomeno della lavoratrice in carriera. Ho notato che sono decisive alcune doti caratteriali, in grado di orientare i risultati. Io per esempio sono una iperattiva, dormo poco, metto a disposizione una carica di energia superiore alla media. E poi, lo devo dire, perché secondo me è una molla prescindibile: il leader adora il comando a me piace assumerlo in veste di problem solver”.
Il flusso incrociato tra ying e yang. In tutta franchezza, non sono emerse finora elementi che definiscano con nettezza una differenza di genere nella leadership. «Sì, il discorso è in effetti complicato», racconta Lorenza Angelini, partner di Akron, «per una vera ricognizione bisogna fare due passi: uno indietro e uno laterale. Indietro, per prendere atto che in ognuno di noi c'è una parte razionale-maschile e una emozionale-femminile. Laterale, per osservare che in questi anni le culture aziendali (ma anche esistenziali) hanno sempre più riconosciuto la positività delle emozioni e del lavoro di cura delle persone. E questa è stata una scoperta degli uomini, che ne erano estranei, mentre le donne semmai appreso senza determinazione non arrivano al successo. Per questo flusso incrociato di scambi sentirei di dire che,paradossalmente, esiste la leadership al femminile, ma non è detto che venga esercitata da una donna; ed esiste la leadership maschile, ma non è patrimonio esclusivo degli uomini. Nella sequenza della quotidianità, la differenza più grossa tra i sessi è ancora la maternità. Nel management giovane, per intenderci, uomini e donne sembrano in verità sempre più assimilabili nei comportamenti e nelle aspirazioni. In realtà, a un certo punto succede che lei è incinta, e a partire da questo "incidente biologico” deve attrezzarsi più di qualsiasi lui. A un certo livello, per non perdere le posizioni acquisite, sono cruciali i supporti (la tata, la donna pulizie, ecc.) ma implicano una capacità di spesa non indifferente, che la maggior parte lavoratrici non ha. Per questo mi sembra indispensabile che le aziende scelgano di dare alle donne una tutela più lungimirante, magari con attività di coaching. Piccole leader cresco».
marzo 2004
di Gabriella Piroli
Fonte: Espansione 7-8/2003
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